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Rødssalg Neen Glassdør:

Music Map “RødssalG nEEn GlassdøR” è il nuovo disco di Erlend Olderskog Albertsen, bassista e compositore di stanza a Oslo. Per questo nuovo progetto, che vedrà ufficialmente la luce nelle prime settimane del 2018, Erklend Olderskog Albertsen ha potuto contare sulla collaborazione con il pianista Kjetil Jerve, il trombettista Erik Kimestad Pedersen, il sassofonista Martin Myhre Olsen, il trombonista Nilas Granseth e il batterista Andreas Wildhagen, per dar vita a un lavoro che include tredici tracce sospese fra jazz, parti orchestrali e pura atonalità, com’è già chiaro a partire dai suoni sghembi di “Miracle Moon Nano”. “Observation Deck #22” suona più ordinata e mostra una fisionomia più jazz, ma non rinuncia ai classici stridori. La ricerca dell’atonalità si manifesta più lievemente in “Nanos Particles”, in virtù della sua brevità, ma torna prepotente in “Parallel Opposite”, in cui l’idea forte è quella di creare sonorità orchestrali, ma ogni strumentista viaggia su ritmi diversi. “Dream Of 5th Dimension” unisce sottili tracce di fiati a un umore sognante, mentre in “Entering Parallel Opposite” il sound torna a farsi corposo e il rimando alla quasi omonima traccia precedente è chiarissimo. A chiudere è “En GlassdoR”, pezzo che concilia nuovamente le diverse anime dello stile di Albertsen e dei musicisti di supporto e che, in sette minuti, cambia spesso la propria forma. “RødssalG nEEn GlassdøR” è un album piuttosto complesso, in virtù di questa ostinata ricerca dell’atonalità, ma riesce perfettamente nei suoi intenti e si configura come un buon prodotto. -Piergiuseppe Lippolis

Neptun:


Jazzconvention  June 2017 "Districarsi nella selva via via più pletorica delle proposte discografiche (con la frequente "aggravante" dell'apporto anche qualitativo) comporta almeno un interrogativo se almeno le acquisizioni informative valgano il tempo dedicatovi.  La risposta è positiva (ed appagante) nel fulmineo esordio del giovane quartetto norvegese appena edito da Nakama records, che ha già guadagnato considerazione e consensi nel farsi alfiere di una formula efficacemente border-line, conducente a compimento aspirazioni di ricerca formale entro un'area in cui questa può linguisticamente ibridarsi con estrazioni più o meno letterali dal jazz di svolta (segnatamente dall'ultima fase coltraniana e dalla più verace fusion davisiana) . Il carico idiomatico è assolto in ampia parte dalla tromba di Erik Kimestad Pedersen, ma alle sortite di questi esita vitale il soundscape instabile intessuto dalla tempestosa sezione percussiva di Andreas Wildhagen e dalla trame dinamiche del pianoforte Kjetil Jerve, serviti dagli assist leganti delle corde basse di Erlend Albertsen.  Dichiaratamente ispirato alle valenze misteriche degli abissi oceanici e degli spazi cosmici, nonché agli ineffabili correlati dei flussi dell'inconscio, Neptun è suggestiva sequenza di materiali esposti in libertà, relativamente formali in Summoning e Dance of the Maniae, probabilmente a maggior presa di libertà nel lancinante e fortemente aperto Wavelenghts, per strutturarsi nell'incalzante marea montante di Tides in Space, a conclusione di una convincente prova da parte di una formazione assai giovane ma già in evidente possesso di argomentazioni linguistiche ed efficace visionarietà."  - Aldo del Noce

"Akmee sono quattro musicisti norvegesi che condividono l'amore per il jazz liquido della Ecm e della Hubro. E per la cosmogonia. A tal punto di intitolare il loro album di debutto come quartetto con il nome del pianeta più lontano del Sistema Solare: “Neptun”. Erik Kimestad Pedersen alla tromba, Kjetil Jerve al pianoforte, Erlend Albertsen al basso e Andreas Wildhagen alla batteria dimostrano che il nuovo jazz norvegese può anche essere classico, nella scelta dei timbri, delle armonie e delle dinamiche. I quattro lunghi brani in scaletta mostrano un gruppo di musicisti affiatato e coeso, in grado di suonare seguendo i propri idoli, così come di tracciare nuove rotte nell'affollata galassia del jazz scandinavo. Sulla lunga coda di "Wavelenghts" Kjetil Jerve improvvisa al pianoforte immaginando i duetti tra McCoy Tyner e John Coltrane. Sulla seguente "Tides In Space" la tromba di Erik Kimestad Pedersen reinterpreta le discipline dei Cinque Elementi di Steve Coleman mentre il solito Jerve trascina l'improvvisazione su sentieri di spiritual jazz."- Roberto Mandolini
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